LE RECENSIONI
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Questo lavoro nasce dall’osservazione e dal tentativo di spiegare l’analogia fra l’attaccamento al sintomo alimentare (ricerca della magrezza e uso incongruo del cibo) e quello all’uso di sostanze. L’ipotesi di base è che in entrambi il legame con il sintomo rappresenti un tentativo (autoterapeutico) di dare risposta ad un disagio profondo, nato e cresciuto con la persona per cui il sintomo stesso non è vissuto come un problema da risolvere bensì come uno strumento per gestire il dolore.
Le radici di una tale sofferenza affondano nel passato, in particolare nella storia di accudimento segnata spesso da traumi, violenze, intrusione genitoriale pervasiva e continua o trascuratezza. Così la persona, durante la propria crescita, costruisce idee di sé e del mondo rigide e difficilmente modificabili, che poi guidano la modalità di attribuire significato all’esperienza, la costruzione delle aspettative ed i comportamenti. Quindi delle esperienze e degli eventi si riesce a cogliere solo ciò che risuona con quello che già si conosce e ci si aspetta. Il cibo e la ricerca di magrezza diventano così l’unica strada praticabile per gestire l’intenso male di vivere che è nato con le esperienze precoci di vita, che si è via via ripetuto in tutte le relazioni significative successive e che si va ad incastrare inevitabilmente con la pressione socioculturale attuale e con la cultura dell’individualismo contemporaneo.
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